Cast

  • Autore: Samuel Beckett
  • Regia: Roberto Negri
  • Aiuto Regia: Alice Mele e Gabriella Altomare
  • Scenografie e Costumi: Rossella Ramunni e Davide Sciascia
  • Organizzazione: Flavia Ferranti
  • Luci e Fonica: Antonio Repole
  • Produzione: Officina Dinamo

Interpreti

  • Roberto Negri
  • Vito Latorre

Sinossi

Samuel Beckett come molti grandi della storia del teatro propone nelle sue opere atmosfere che ci consentono sempre di riconoscere i tratti salienti dell’autore e le peculiarità del suo stile. L’attesa, l’ineluttabilità, l’indefinitezza sono caratteri salienti dell’universo fantastico di questo maestro. Che riesce sempre e comunque a toccare delle zone dell’animo umano così profonde da rendere incredibilmente attuali e vive le maschere e le ombre che popolano le scene dei suoi lavori.

La nostra ricerca espressiva tende a restituire la potenza emozionale di questi personaggi a cavallo tra sogno e realtà, vita e morte, passione e depressione. Termini che ci riconducono subito alla presente quotidianità, ma allo stesso tempo aprono scorci di liberazione nella fantasia e nella pazzia creativa. L’essenzialità e la sintesi sono i parametri che abbiamo scelto per affrontare con il giusto spirito la sfida di trasmettere la gioia, la follia, la dolente ironia che attraversa le pagine di questo testo.
“Prima danzare, poi pensare. E’ questo l’ordine naturale delle cose” Samuel Beckett.
Per riuscire insieme al pubblico a danzare sulle miserie della vita…

 
Note di regia:

«Hamm e Clov, due maschere archetipiche, due esseri catapultati nel nulla cosmico, nella solitudine di un mondo grigio e deserto (li avevamo già incontrati, erano Pozzo e Lucky di “Aspettando Godot”), immutabili nel conflitto servo/padrone, padre/figlio, martello/chiodo. Scelgono l’unica forma di salvezza: il gioco.
E tra tutti, il più antico dei giochi: il teatro.
Fingono di essere altrove e, ormai stanchi di attendere il Dio Godot, creano essi stessi i propri universi. Il potere evocativo delle parole supera i limiti della segregazione e dell’isolamento e poi dello spazio e del tempo. Consapevoli che per ogni partita “la fine è nel principio eppure si continua”, sondano le profondità dell’anima con curiosità di clown, per scoprire che vale la pena soltanto GIOCARE… Bambini sempre, fino alla fine dei giochi.

“Non c’è niente di più comico dell’infelicità”. Questa frase di “Finale di partita” è, per sua stessa dichiarazione, la sintesi del pensiero di Beckett sul teatro, sulla vita»

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