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La Grande Magia

Cast

  • Regia: Francesco Scotto
  • Autore: Eduardo De Filippo
  • Adattamento: Rosario Sparno
  • Tecnico Luci e Audio: Luca Coppola
  • Scenografia: Wanda Papa
  • Produzione: Proteatro

Interpreti

  • Felice D’Anna
  • Mariella Del Basso
  • Antonio Lippiello

Sinossi

Calogero Di Spelta è un uomo che ama la moglie ed è geloso di lei. Tanto geloso che la tormenta, la controlla a tal punto che, durante una vacanza, approfittando di un numero di Magia denominato LA SPARIZIONE DELLA MATERIA, lei decide di fuggire con il suo amante. È da questo punto in poi che si intrecciano le miserie dei nostri protagonisti. La miseria del Mago, Otto Marvuglia, che, pur di non ammettere il proprio fallimento, fa credere al malcapitato Calogero che la moglie sia finita in una scatola e che potrà ritornare da lui solo se quest’ultimo sarà veramente convinto che lei sia al suo interno. La miseria di Zaira, moglie del mago, che lo segue in tutti i suoi piccoli trucchi e grandi imbrogli amandolo, ma sperando sempre che la loro vita da un momento all’altro possa cambiare. La miseria di Calogero che, pur di non ammettere il tradimento della moglie, si convince di vivere un gioco, di essere vittima di una GRANDE MAGIA che avrà fine solo se lui aprirà quella scatola che tiene tenacemente chiusa tra le mani.

 

NOTE DI PRODUZIONE

Per la prima volta la cooperativa Proteatro affronta la drammaturgia di Eduardo De Filippo attraverso un adattamento del testo, realizzato con il consenso di Luca De Filippo, da Rosario Sparno. Si affronta Eduardo nella consapevolezza che per tutti coloro che fanno teatro al Sud egli è un punto di riferimento, per taluni un faro, per altri un punto da cui partire. Si affronta Eduardo con un suo testo cosiddetto minore, spesso tacciato di pirandellismo, ma nel quale sono presenti tratti tipici della drammaturgia eduardiana: i suoi tempi scenici perfetti, la sua umanità, i suoi personaggi, uno fra tutti il Mago Otto Marvuglia, personaggio figlio diretto di Sik- Sik, il più famoso Mago della produzione Eduardiana.

LA GRANDE MAGIA
è il testo da cui abbiamo scelto di ripartire dopo la chiusura pandemica, lo abbiamo scelto sia per un omaggio all’autore sperando che ci sia di buon auspicio e sia per la Pietas che i personaggi esprimono nel giudicarsi fra di loro e nel perdonarsi le proprie debolezze, in un mondo in cui ognuno di loro cerca di arrangiarsi come può. La stessa Pietas che oggi come oggi sarebbe necessaria che tutti noi avessimo nel giudicare il nostro prossimo.

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Fotografie: Alessandra Rosa e Francesco Carbone

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Gospel, Spirituals & Carols

Interpreti

  • Voce: Marina Bruno
  • Pianoforte: Giuseppe Di Capua

Sinossi

Un concerto che esplora il sentimento religioso attraverso la tradizione della musica gospel e spiritual, retaggio di una cultura, quella afro-americana, da sempre foriera di capolavori artistici indimenticabili per intensità e capacità di coinvolgere il pubblico.

Come non commuoversi ascoltando le splendide “God rest you merry gentleman”, “Swing low”, “Amazing grace”, “His eye is on the sparrow”, “Nobody knows”, o come non essere coinvolti in prima persona battendo le mani o, perché no, ballando, nel partecipare a “Oh happy day”, “Joyful joyful” o “When the saints go marchin’in”…

La accompagnerà al pianoforte Giuseppe Di Capua, autore delle elaborazioni musicali, musicista dal grande eclettismo, che gli permette di spaziare dalla musica classica al jazz.

Marina Bruno sarà la voce di questo viaggio, una voce possente, ma anche solare ed evocativa.


MARINA BRUNO

Ha studiato canto con Michael Aspinall, Maria Pia De Vito e Cristina Florio. Ha lavorato dal 1995 da protagonista nelle opere di Roberto De Simone :

La gatta Cenerentola, L’Opera dei Centosedici, Li Turchi Viaggiano, Populorum Progressio, L’Opera Buffa del Giovedì Santo, Rosa del ciel, Alla Guainella-Intifada per Masaniello, Requiem in memoria di P. P. Pasolini, Eden Teatro, Lo ‘ngaudio, Lo vommaro a duello, Suite strumentale da La gatta Cenerentola, Ecco il Messia, El Diego – concerto n°10 per Maradona e orchestra.

Si è esibita al Teatro San Carlo, al Mercadante, al Teatrino di corte di palazzo Reale, all’Augusteo, all’ Auditorium della RAI, al Maschio Angioino ed al Trianon di Napoli, al Bayerischen Staatsoper di Monaco, al Teatro dei Serici del Belvedere di San Leucio, al Teatro Antico di Taormina, al Teatro Carlo Gesualdo di Avellino, al Teatro dell’ Opera di Trapani, al Piccolo ed al Manzoni di Milano, al Sistina, al Quirino ed al Teatro dell’ Orologio di Roma, al Theatre des Champs Elysées di Parigi, al Morlacchi di Perugia, al La Pergola di Firenze al Radisson di Montevideo, al Teatrino di corte della Reggia di Caserta, al Teatro Odyssud ed alla Salle Nougaro di Tolosa, all’Opéra di Lille, ai festival di Algeri, Marsiglia, Montpellier, Labeaume, St.Ambroix, Nizza, St. Michel, Chartres, Brest, Tolone, Bruges, Patrasso, Tallin, Ravello, Sulmona, Merano, per la Società del Quartetto di Vercelli, per il Folkclub di Torino.

Ha lavorato con: Roberto De Simone, Glauco Mauri, Javier Girotto, James Senese, Anthony Strong, Francesco Nastro, Ernesto Lama, Peppe Barra, Alfio Antico, Giuliana Soscia & Pino Jodice Quartet, Enzo Pietropaoli, Aldo Vigorito, Tommaso Scannapieco, Armando Pugliese, Enrico Fagnoni, Gianfranco Campagnoli, Solis String Quartet, Media Aetas, Gabriele Mirabassi, Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, Walter Proost, Nuova Compagnia di Canto Popolare, Giovanni Mauriello, Carlo Faiello, Riccardo Cavallo, Neapolis Ensemble, Nuova Orchestra Scarlatti, I solisti di Napoli, Antonello Paliotti, Antonio Sinagra, Gianfranco Jannuzzo, Mariangela D’ Abbraccio, Mimmo Maglionico & Pietrarsa, Aurelio Canonici, Lello Giulivo, Marcello Colasurdo, dotGuitar Quartet, Oficina Guitart.

Ha fondato due formazioni con le quali esplora il repertorio popolare partenopeo dal ‘600 al ‘900: il Marina Bruno ensemble e la Piccola Orchestra Popolare di Napoli.

 

GIUSEPPE DI CAPUA

è nato nel 1967 e si è diplomato in pianoforte con il massimo dei voti e la lode. Dall’età di 15 anni si è dedicato alla attività concertistica.

Dal 1996 ha diretto diverse formazioni corali tra cui “I cantori della corte di Re Ferdinando”, “The FMC sisters” e “The Joyful Singers”.

Ha lavorato nelle formazioni “Dumbarton Oaks”, “Acousticænsemble”, “Marina Bruno gospel quartet”, “NTL Jazz Quartet”, “4hands@2pianos”, “Nonet tango”, ”Gesualdo in jazz”, in duo con Francesco Nastro (nei progetti “ Flying on classics” e “Classics meet jazz”), come clavicembalista nell’ensemble “Anima e corde”, come organista nel “Pompei Mysterium”, esibendosi poi a Limoges, Périgueux, Antibes, Labeaume, Digione.

 

Nel 2006 ha registrato agli Air Studios di Londra con la London Simphony Orchestra brani inediti al pianoforte con il tenore italiano Francesco Malapena.
Ha lavorato in teatro con Armando Pugliese, Ernesto Lama, Gaetano Amato.
E’ stato pianista dell’Orchestra del Conservatorio Domenico Cimarosa (Maggio dei monumenti, Leuciana festival) e del Teatro Carlo Gesualdo, nonché del Collegium Philarmonicum di Napoli.

 

E’ attivo nel campo dell’organizzazione di eventi musicali e nella produzione e management artistici. Dal 2011 cura la direzione artistica del Fiano Music Festival. Collabora con Aldo Vigorito, Tommaso Scannapieco, Peppe La Pusata, Gianfranco Campagnoli, Jacopo Ferrazza, Emanuele Smimmo, Antonio De Luise, Pierpaolo Bisogno, tra i migliori jazzisti italiani.

Dal 1999 è titolare di cattedra per l’insegnamento di Teoria, Ritmica e Percezione presso l’Istituto di Alta Formazione Artistica e Musicale “Domenico Cimarosa” di Avellino, dove insegna anche nell’ambito dei corsi di laurea di II livello in Discipline musicali le materie Acustica e psicoacustica, Pratica della notazione antica e contemporanea, Elementi di pianoforte a orientamento jazzistico, Improvvisazione e didattica dell’improvvisazione, Prassi esecutiva e repertorio jazz, Storia della registrazione audio- video, Intonazione, ritmica e lettura cantata, Teoria della musica rinascimentale e barocca, Tecniche di realizzazione di specifici assetti ritmo/fonici, Cognizione e percezione musicale.

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Fotografie: Alessandra Rosa e Francesco Carbone

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Non è il solito Natale

Quest’anno abbiamo un desiderio grande: vorremmo che questo non fosse il “solito Natale”.
Dopo anni di limitazioni e interruzioni, ci piacerebbe finalmente trascorrere ancora insieme a voi queste feste natalizie, condividendo le emozioni che questi tre spettacoli davvero molto belli e particolari ci regaleranno.

Fidatevi, non è il solito Natale…
….perché il 99 Posti non è il solito Teatro!

IL PROGRAMMA

ORARIO DI INIZIO DEGLI SPETTACOLI: 20:00
CONTRIBUTO PER SINGOLO SPETTACOLO: €10.00
CONTRIBUTO PER SINGOLO SPETTACOLO RIDOTTO: €8.00**
CONTRIBUTO UNICO PER 3 SPETTACOLI: €20.00
CONTRIBUTO UNICO PER 3 SPETTACOLI RIDOTTO: €15.00*
*RISERVATO AI SOCI GIÀ ABBONATI E ALLIEVI LAB. TEATRALI
**RISERVATO AI RAGAZZI MINORENNI

____Giovedì 29 Dicembre 2022

MARINA BRUNO e GIUSEPPE DI CAPUA presentano

GOSPEL, SPIRITUALS & CAROLS

Voce: Marina Bruno
Pianoforte: Giuseppe Di Capua

____Martedì 03 Gennaio 2023

PROTEATRO presenta

LA GRANDE MAGIA di Eduardo De Filippo (libero adattamento di Rosario Sparno)

Regia: Francesco Scotto
Con Felice D’Anna, Mariella Del Basso e Antonio Lippiello

____Sabato 07 Gennaio 2023

Co.C.I.S. / TEATRO 99 POSTI presenta

A LO STESSO PUNTO PERÒ A N’ATA PARTE  di Paolo Capozzo

Regia: Gianni Di Nardo
Con Paolo Capozzo, Maurizio Picariello e Vito Scalia

Si ricorda che per poter accedere agli spettacoli è necessario associarsi al Teatro 99 Posti.

Fu Lumena

Cast

  • Autore: Salvatore Ronga
  • Disegno luci: Davide Scognamiglio
  • Tecnico del suono e della luce: Luca Aquino
  • Costumi: Bettina Buttgen
  • Musiche: Antonio Monti
  • Macchina scenica: Francesco Aloi
  • Produzione: Associazione Illuminata

Interpreti

  • Lucianna De Falco

Sinossi

I profili di una scatola metallica segnano i limiti di uno spazio sospeso tra vita e morte, percorso dal picchiettio elettronico del cardiogramma e dal rimestio intermittente di voci e suoni che evocano antiche litanie in onore delle anime purganti.
Nel letto Lumena si agita, resuscita dal sonno comatoso e prende coscienza, un po’ alla volta, di trovarsi in una stanza d’ospedale.
La donna è una vecchia prostituta, dimenticata da tutti, che nel delirio dell’agonia rivive il proprio passato in un dialogo serrato con gli spettri di una vita: le amiche d’infanzia, la fida compagna Rosalia, i clienti del lupanare e quelli della pasticceria che la vide un tempo padrona, ma soprattutto Domenico, il vecchio amante, presso cui, vanificata ogni possibilità di matrimonio, si è adattata al ruolo di serva. Quando il cuore va in pezzi e si approssima la fine, Lumena parla per la prima volta con una voce nuova, per rivelare un segreto che ha il sapore di una vendetta e che lascia sgomenti.
Lo spettacolo, nella sua autonomia di invenzione, immagina per il più celebre personaggio di “Filumena”, assurto a simbolo di una storica tradizione teatrale, un’altra trama possibile, tutta nuova, un atto di ribellione condotto con esiti ora tragici, ora comici e grotteschi, al suono dissonante di una lingua ardente, un “napoletano” indomabile e reinventato per un’eversiva dichiarazione d’amore.

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Fotografie: Antonio Colucci

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Locas

Cast

  • Autore: José Pascual Abellan
  • Regia: Niko Mucci
  • Traduzione: Andrea Scarpati Ramirez
  • Costumi: Alessandra Gaudioso
  • Musiche: Luca Toller
  • Video: Francesco Mucci
  • Grafica: Salvatore Fiore
  • Produzione: TAN – Teatri Associati Napoli

Interpreti

  • Marcella Vitiello
  • Laura Pagliara

Sinossi

“…La follia è una linea sottile, che divide due mondi. Basta davvero poco per passare da una all’altra parte”.

Queste le parole, dette da una delle due protagoniste della trama. Due donne in attesa, nell’anticamera dello studio di uno psichiatra, diverse fra loro in modo diametralmente opposto: una donna in carriera e una madre di famiglia in piena depressione, la quale dichiara subito la sua prossimità alla follia.

Pure la loro “diversità”, nell’apparenza e nel ruolo sociale di ciascuna, copre una problematica fatta di debolezze comuni e pone le basi di una conoscenza reciproca, di un assaggiarsi di mondi paralleli, pronti alla divagazione poetica, tanto quanto alla cruda definizione da lessico psichiatrico.

Frequenti le incursioni nella filosofia e nella pratica del disagio mentale, alleggerite nel proporsi, da parentesi comiche. La trama si dipana nell’attesa del medico ritardatario, sino ad un colpo di scena finale che mette in discussione le certezze acquisite dai personaggi nel loro sviluppo di comunicazione verbale, e dal pubblico su di loro in scena.


NOTE DI REGIA

Trattare  il tema della follia in teatro  è tanto difficile, quanto non originale, ma quando lessi      la traduzione di questa storia minimale e pure cosi universale, mi colpì la volontà espressa dall’autore, lo spagnolo Juan Pascual Abellàn, di mantenere una sorta di leggerezza pur nella trattazione di temi gravi e impegnativi. L’uso del comico alternato al drammatico, è al servizio della necessità di porre riflessioni sulla vita e sulle sue declinazioni e deviazioni pratiche sino alla follia, mantenendo la vena di poesia che intride la scrittura, anzi nel tentativo di far lievitare la poesia stessa nel passaggio fra parola scritta e scena. Nel corso del lavoro un nuovo elemento di riflessione ha guidato il nostro progetto: il confronto fra la maschera e l’interpretazione, rapporto che ci ha guidato nell’approfondimento fra la forma (il mostrare) e l’interpretazione (il sentire). Con questo spettacolo proseguo il mio percorso di studio analisi dei sentimenti e delle relazioni interpersonali attraverso il punto di vista eccentrico, della messa in scena.

Niko Mucci

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IL TRAILER

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Aspettando Godot (L’Occasione)

N.B. Per questo spettacolo è possibile prenotare il posto solo telefonicamente al numero 3898856273

Cast

  • Regia: Francesco Scotto
  • Tecnico luci e audio: Luca Aquino
  • Credits Musicali: Salvatore Mazza
  • Riprese: Tony Santorelli
  • Produzione: ProTeatro / Teatro 99 Posti / Clan H

Interpreti

  • Vladimiro: Salvatore Mazza
  • Estragone: Paolo Capozzo
  • Pozzo: Antonio Lippiello
  • Lucky: Maurizio Picariello
  • Ragazzo: Alberto Tortora

Sinossi

Questa messa in scena nasce dal viaggio, da più viaggi in realtà, fatti da me, Salvatore Mazza e Paolo Capozzo per partecipare ad un progetto condiviso. È una riflessione sul nostro lavoro, certo, ma credo sia anche, più in generale, una riflessione su chiunque abbia una passione e abiti ai margini di un centro produttivo, ovvero in provincia, ovvero al Sud. Più si discuteva con fervore del nostro lavoro e più mi era chiaro che Vladimiro ed Estragone eravamo noi. Da questa idea nasce la messa in scena.

Perché?
Vladimiro ed Estragone vagano in uno spazio semivuoto, che cosa aspettano?
Perché non se ne vanno? Qual è la loro condanna? La loro è una condanna?
Sono queste le domande che spesso fa a se stesso chi legge o chi vede Aspettando Godot di Samuel Beckett.

A 70 anni dalla prima rappresentazione realizzata con regia di Roger Blin, il testo di Beckett parla al nostro oggi. Gli amanti del teatro tradizionale per anni hanno giudicato il testo astruso; ai loro occhi sembrava che il testo non avesse storia, che la scrittura ridondante, reiterata, senza un inizio, un intermezzo ed una fine ben definita, non avesse senso. Oggi, dopo settant’anni (dopo che il testo è stato proclamato da una giuria di esperti del settore il miglior testo drammaturgico del novecento), nessuno sembra avere più perplessità sul valore assoluto dell’opera, sulla sua bellezza.
I personaggi di Beckett vivono nell’attesa.
La nostra messa in scena cerca di dare un senso a questa attesa. In quanti momenti della nostra giornata noi tutti viviamo sperando che la nostra vita da un momento all’altro possa cambiare? Viviamo di notizie che devono arrivare, speriamo in cambiamenti che possano migliorare la nostra quotidianità, sogniamo in ogni attimo di realizzare gli obiettivi della nostra vita. È proprio in quest’ottica Vladimiro, Estragone, Lucky e Pozzo siamo tutti noi. In tutti loro la passione coincide con la condanna che, forse morendo, poi torna ad essere passione fervida, ossessiva, nella speranza che “(…) un bel giorno cambierà“.
Lo spazio scenico, quindi, è il palco? È il Sud? È il mondo interiore di ognuno di noi?
Tutti potranno leggerci quello che vorranno rispetto alla propria sensibilità, certo è che il nostro caro Beckett questo testo sembra averlo scritto ieri, sembra averlo scritto per noi…

Buona serata
Francesco Scotto

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Fotografie: Felice Cataldo, Alessandra Rosa e Francesco Carbone

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White Sound

Cast

  • Scritto, diretto e interpretato: Simona Di Maio e Melissa Di Genova
  • Musiche originali: Santy Masciarò
  • Disegno luci: Lorenzo Montanini
  • Elementi scenici e costumi: Maria Isabel Albertini
  • Assistente alla regia: Louis Bernard
  • Traduzione italiano\inglese: Rossella Natale
  • Raccolta testimonianze: Roberta Niero
  • Voce registrata: Carmela Perillo
  • Realizzazione Video: Uncoso Factory
  • Produzione: Teatro In Fabula e Il Teatro nel Baule
  • Coproduzione: Dante Society London

Interpreti

  • Solene Bresciani
  • Vincenzo Coppola
  • Sara Missaglia

Sinossi

“Avete mai sentito parlare di linee parallele del tempo? In quelle linee, ci sono gli avvenimenti che sono rimasti nell’aria, sospesi, vaganti, senza casa. Noi raccoglieremo i resti, le soste e le tappe della vita come frammenti di uno specchio rotto.”

White Sound è il racconto della vita di una donna straordinaria: Lucia De Rosa, detta Rusell ‘e magg’. Lucia non ha più un’età attraverso cui definirsi, i suoi oggetti non le appartengono più, non ha volti da riconoscere, neanche il suo. Cerca qualcosa di importante a cui non sa dare nome. Ad aiutare Lucia nella ricerca del qualcosa smarrito, c’è una bambina che invade la sua casa. È l’arrivo della bambina a stimolare la memoria di Lucia, ad aprire le porte che danno accesso al ricordo. Gli oggetti da cui è circondata, i suoni, i sapori, gli odori sono le tracce del suo passato. È da qui che inizia il viaggio, attraversare ancora una volta la vita fino ad arrivare all’età felice, l’infanzia. L’inizio di tutto.

Due scienziati ci accompagnano nel racconto, a testimonianza della ragione e della scienza che spiega ciò che accade al cervello nel momento in cui una malattia neuro-degenerativa o il tempo ne compromettono le funzionalità. In un momento storico come il nostro, in cui la paura e nello specifico la paura della malattia, è il freno alla vita, abbiamo bisogno di tornare a ricordarne la bellezza e celebrarla.


NOTE DI REGIA

Il progetto nasce dal desiderio di raccontare due eventi naturali che hanno interessato il nostro vissuto nell’ultimo anno: la perdita di una nonna e l’arrivo di una nuova vita. La simultaneità di questi due accadimenti non ci è sembrata un caso. Abbiamo assistito alla crescita naturale di un essere umano che si affaccia alla vita e allo spegnersi di un’altra, prendere la stessa strada. La vecchiaia e l’infanzia, età anagraficamente distanti tra loro, ci sono sembrate incontrarsi in un punto. Un punto senza tempo e senza spazio, che consente di attraversare la vita nel flusso dei ricordi. Ricordi fatti di voci, suoni e musiche di cui lo spettatore fa esperienza immersiva, grazie al binaural microphone, microfono in grado di riprodurre la tridimensionalità del suono come percepita dall’orecchio umano. La sensorialità e il suono, ricostruito come richiamo, evocazione, stimolo, musica, ci ha permesso di arrivare all’origine: al White Sound. Quando siamo nel ventre di nostra madre, il nostro mondo è suono, ancora prima della prima luce guardata, ancora prima del primo tocco; la prima percezione è sonora. In essa sono racchiusi tutti i suoni del corpo: il ritmo del cuore, i movimenti delle viscere, il fluire del sangue, il respiro. Partiamo così dal White Sound: lo ascoltiamo e attraversiamo tutta la vita di una donna, sintonizzandoci sulle sue frequenze. Nel nostro processo di creazione, abbiamo raccontato il cervello come casa e di questa casa abbiamo deciso di aprire le stanze. “Ci sono stanze che vengono utilizzate spesso, dove si entra facilmente, piene di luce. Ecco, queste stanze sono la corteccia celebrale. Ci sono, poi, altre stanze, stanze nascoste, antiche, in cui tutto è conservato con cura. In queste stanze remote si trovano i primi ricordi, quelli d infanzia e le nostre emozioni.”

Realizzato in una Londra deserta e in pieno lockdown, White Sound ci ha permesso, come performers ed artisti di leggere il tempo storico che viviamo e tentare di aprire uno squarcio di luce nel buio. La forza di questa storia è nell’essere una storia di tutti. A tutti tocca invecchiare o affrontare un processo di malattia, a tutti capita di sentirsi disorientati, persi, soli, soprattutto in questo periodo così complesso come quello che stiamo vivendo. Questa storia ricorda che la delicatezza del prendersi cura è tutto quello che resta. Allo stesso modo in cui la bambina guida Lucia nel suo percorso a ritroso nello spettacolo, desideriamo prendere per mano lo spettatore e accompagnarlo attraverso questa storia, che è anche la sua storia.

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Fotografie: Antonio Colucci

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Amleto o il gioco del suo teatro

Cast

  • Autore: William Shakespeare (libero adattamento di “Amleto”)
  • Drammaturgia collettiva/progetto, adattamento e Regia: Giovanni Meola
  • Costumi: Marina Mango
  • Assistente Regia: Chiara Vitiello
  • Produzione: Virus Teatrali

Interpreti

  • Solene Bresciani
  • Vincenzo Coppola
  • Sara Missaglia

Sinossi

Note sul progetto

Primo progetto shakespeariano di Virus Teatrali, primo incontro con il drammaturgo più totale, rappresentato, affrontato e tradito del mondo.

Drammaturgia collettiva basata su un lavoro di frammentazione e ricomposizione del testo shakesperiano, con tre soli interpreti (più un microfono a filo e relativa cassa di amplificazione) ad interpretare tutti i personaggi di questa intricata vicenda di tradimenti, rivelazioni, strategie e sentimenti negati o compressi.

Dopo Cechov (‘TRE. Le Sorelle Prozorov’, libero adattamento da ‘Tre Sorelle’), Shakespeare: la compagnia prosegue il suo cammino attraverso i classici del teatro di sempre utilizzando una scrittura scenica a forte impatto fisico ed emotivo, ma non privo di ironia e grottesco.

In epoca elisabettiana era vietato alle donne l’andare in scena, ma sulla scia di fior di esempi (un famosissimo Amleto del 1899 con la divina Sarah Bernhardt ad interpretare il principe danese), Virus Teatrali propone una compagnia a predominanza femminile per ribaltare e shakerare il gioco scenico plurisecolare che questo testo rappresenta per tutti i teatranti da più di quattro secoli a questa parte.

‘Amleto (o Il Gioco del suo Teatro)’ prova a percorrere il sentiero di un Amleto del cui suo dramma sarà lui stesso drammaturgo, regista e interprete: non è Amleto che scrive e indica cosa (e come) rappresentare ai Comici che arrivano a corte nel momento giusto in cui lui ha bisogno di una prova inconfutabile ed inoppugnabile di tradimento e colpevolezza dello zio-re Claudio?

Ed ecco che, magicamente, il teatro arriva in soccorso.

Come spesso accade, il teatro arriva in soccorso anche se costantemente sminuito, svilito, impoverito.

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Fotografie: Alessandra Rosa

IL TRAILER

Recensioni

“Mi accingo a scrivere di ‘Amleto (o Il Gioco del Suo Teatro)’ con ancora nelle orecchie il suono del lungo applauso con cui gli spettatori hanno manifestato il proprio gradimento. Ero tra loro a godermi la bravura di un artista colto. Meola è in grado di distruggere, dissacrando e, al contempo, utilizzando linguaggi affatto diversi, ricomporre in chiave moderna l’emotività della stessa opera dissacrata. Solo chi ha sedimentato le nozioni, trasformandole in cultura, è capace di fare ciò che ha fatto il regista. Ho senz’altro visto sul palcoscenico Shakespeare, ma anche i manga, anche la comicità dei cabarettisti degli anni ‘60/’70, la recitazione dei grandi mimi del secolo scorso. Non ho timore di affermare che ho scorto in questo ‘Amleto’ la stessa capacità di creare un’opera originale e ben riuscita da un classico ingombrante, come il dramma di Shakespeare, di Ian Mc Ewan col suo ‘Nel Guscio’. A vantaggio del nostro regista c’è però la capacità di dissacrare pur mantenendo, con evidente minimalismo, la stessa ambientazione.”

(Proscenio | G. di Biase)

 

“Una rivisitazione che è anche tanto altro, un punto di vista che abbraccia un classico e ne fa una nuova visione, un nuovo concetto di adattamento.

Una messa in scena ai limiti del pop, in senso buono, un vortice surreale in cui teatro, metateatro e tanto altro si mescolano in una incredibile contesa tra pensiero ed azione, apparire o restare nell’ombra, dare un senso al proprio percorso oppure lasciarsi colpire dagli eventi. La bravura degli attori in scena è smisurata. Il punto di vista, la regia di Giovanni Meola, che cura anche l’adattamento del testo, può apparire ai limiti del contorto, solo se non si considera un fattore, la volontà di mettere seriamente in scena Shakespeare, riadattare quel vuoto, ricontestualizzare quel disagio, quegli eventi. Ricollocare, per quanto possibile con immagini, suoni, parole, una storia incastrata in un passato che ritorna ad ogni scontro umano, ad ogni dramma, ad ogni storia d’amore. Un punto, una parola, uno sguardo.

Meola ipnotizza il pubblico con un approccio rapido ma al tempo stesso intenso. Gli applausi finali fanno il resto. Il teatro è le sue mille sfaccettature, classico, contemporaneo, sperimentale, tutto in uno, uno in tutto. Il teatro.”

(Controscena | P. Marsico)

 

“Ancora una volta, la compagnia Virus Teatrali ha centrato l’obiettivo. Essere o non essere? Gli attori escono di scena ripetendo, come in una litania, il noto dubbio amletico fino a svanire in un sussurro di voci. Poi, calano le luci. Un attimo di silenzio e il pubblico esplode in un’ovazione, che saluta con calore l’intelligente adattamento dell’opera più nota di Shakespeare. Lo spettacolo firmato dalla regia di Meola è frutto di un lavoro di sintesi e sperimentazione, sapientemente coordinato. Pennellate di ironia si alternano al dramma esistenziale di Amleto, interpretato da una straordinaria Sara Missaglia, che con la sua espressività restituisce al pubblico tutta la complessità psicologica del personaggio.”

(Il Mondo di Suk | D. Maffione)

 

“Non mancante di guizzi di comicità più o meno marcati, specialmente quando Amleto si rapporta con i teatranti che lo aiuteranno a smascherare l’assassinio di suo padre, la rappresentazione convince su tutti i fronti, restituendo a chi la guarda quel sentimento tutto teatrale della condivisione degli attimi che lì per lì si allungano quel tanto che basta a farli divenire anch’essi immortali, come quelli da cui si è partiti. ‘AMLETO (o il Gioco del Suo Teatro)’ è da vedere assolutamente, non foss’altro che per comprendere ancora una volta che la modernità non è fine a se stessa e quando riesce a calarsi nel mito in punta di piedi, ma credendoci, ristabilisce l’ordine cosmico temporale che di generazione in generazione continua a creare bellezza e cultura e nulla ha da invidiare a chi nel mito già soggiorna da millenni.”

(In Platea | M. Addesso)

 

“Un teatro fluido e in continuo movimento, dove bastano solo tre attori per ricreare ‘lo specchio della natura umana’ alla ricerca della verità. È la grandezza dell’arte di Shakespeare che incontro l’anima innovatrice di Giovanni Meola. Toccando gli strati più profondi dell’anima, fatti di luci e ombre, l’adattamento riscopre l’immortalità del Bardo, autore calato nel suo tempo ma che dallo stesso prescinde, sollevando tematiche di grande attualità legate alla fragilità umana del passato che resta presente.”

(Il Roma | S. Sodano)

 

“Lo spettacolo è allegorico e capace di aprire continui varchi, se non squarci, sulla nostra realtà. Rivolgendo lo sguardo alla magia della sala, alle luci della ribalta, sono solo tre gli attori che scambiano continuamente  i ruoli: Amleto è quasi sempre donna, ma Amleto spesso è anche Ofelia, e Ofelia è anche suo padre Polonio e così via. Sintesi perfetta dell’opera in quanto a rendimento. La diegesi e i dialoghi seguono un criterio messo a punto per conferire tutta la dinamicità necessaria ad uno spettacolo senza centro, senza ruoli prefissati ed è il solo passaggio da un ruolo ad un altro a coincidere con la fine di una scena e l’inizio di un’altra. Quando la tragedia raggiunge l’acme e la catastrofe, lo spettatore, oltre che svuotato al pari di Amleto è anche volutamente disorientato e rivive in questo la frenesia del mondo contemporaneo, dove siamo tutto, ma anche nessuno. Dunque, nella scena finale tra veleni e colpi di spada tutti i personaggi muoiono in un frenetico avvelenamento esistenziale.”

(Eroica Fenice | A. Forgione)

 

“Solo tre attori che si scambiano voci, espressioni e ruoli senza badare al genere o all’età, che portano abiti semplici e che hanno bisogno di indossare solo le loro espressioni. Sono tutti e nessuno, contemporaneamente sul palco personaggi e attori, maschere che recitano e si fanno vere, persone che giocano al gioco del ‘far finta che’. La loro performance – nuda, essenziale – rende tangibile l’inespresso,  l’impossibile, l’indicibile, che in questo scambio continuo di voci e mimiche rendono reale la finzione, portando negli occhi degli spettatori la follia di Amleto e di Ofelia. Quella a cui assistiamo è una messa in scena che possiede il midollo spaventoso e divertente che ci disseta ogni volta che viviamo, ascoltiamo o leggiamo una buona storia: questo Amleto è spezzato, ab-soluto e sciolto, slegato dal suo tempo e dal nostro, è autentico e, nella sua falsità, nel tradimento della traduzione della vita in una rappresentazione, ci racconta qualcosa su di noi. Lo spettacolo è un’autentica menzogna che racconta la verità. Se volete conoscere il sapore delle ossa di Amleto e dell’anima metallica di una bella storia andate a vederlo, non ve ne pentirete.”

(La Settimana TV | S. Lazzaro)

 

“Meola scompone il dramma shakespeariano per poi ricomporne i frammenti in una lettura che cambia ogni volta timbro e prospettiva. La scenografia è assente e tutta la forza della tragedia shakespeariana è affidata all’intensità della recitazione dei tre attori, che ne trasmettono il pathos al di là della loro specifica caratterizzazione di genere, sgusciando fuori dalla loro pelle ed entrando, non senza qualche strappo e sussulto, in un’altra… e poi in un’altra ancora. Gli interpreti sembrano saltare fuori da un buco nero, da un sogno o da un incubo, lo stesso in cui abita il padre di Amleto, che esorta il figlio a non dimenticarlo, e a disvelare la verità, andando oltre le apparenze e sollevando il velo sull’aletheia. Gli unici oggetti scenici sono una cassa e un microfono. Attraverso questi ultimi, gli attori amplificano i loro tormenti interiori. Il loro interlocutore è Orazio, artificio narrativo utile a dar voce a un controverso dialogo interiore.

Forse la soluzione ai dubbi, una delle tante possibili, si intuisce solo alla fine ed emerge da parole frammentate e riannodate quasi a caso in una specie di scioglilingua: ‘Bisogna essere per continuare a sognare…’.

(Cultura a Colori | T. Sabatino)

 

“Meola rilegge il testo del bardo, continuando a rendere i classici gioco di teatro dell’oggi, punteggiato da musica e ironia. Forte emerge l’ironia nei Comici chiamati ad interpretare la ‘verità’ e forti gli inserimenti all’interno dell’azione scenica delle partiture di famosi brani di Caterina Caselli e Sergio Endrigo, come richiamo temporale. Del resto, un microfono e un amplificatore sono gli unici oggetti di scena, segni che ci fanno comprendere che si è all’interno di uno spettacolo, di un gioco di teatro, nel presente. Smontare e rimontare per dire del mistero dell’Amleto, una continua ricerca, ricerca pura, intrecciata alle improvvisazioni è stato un lavoro da artigiano, confida il regista, con l’intento anche di non mascherare mai le transizioni fra i vari piani, compresi i momenti musicali e i movimenti corporali. Uno spettacolo che possiede una coinvolgente cifra interpretativa e dialogante: lo si rivedrebbe con assoluta predisposizione, forse per comprendere ancor di più l’intricato, amletico testo, in un gioco di leggerezza al quale non si sono sottratti né il regista né gli attori, che hanno rivelato, in un piacevole incontro post-spettacolo, gli ostacoli che hanno dovuto affrontare e superare.”

(Teatro Cult News | R. Felerico)

 

“Sta per succedere qualcosa! Lo Sento! Altrimenti non avrebbero mai iniziato a recitare da metà, penso concentrata mentre provo ad anticipare la prossima scena: sforzo inutile. I tre attori sul palco stanno destrutturando il principe di Danimarca. Sono solo in tre ma ricoprono tutti i ruoli dei protagonisti della tragedia shakespeariana.

Secondi di sconcerto: conoscendomi, di sicuro mi perderò qualche passaggio e farò confusione fra i personaggi senza capirci più nulla, così resto tesa e attenta sulla sedia.

Invece, mi rendo conto che le ‘mutazioni’ sono semplici da seguire e accolgo in pieno l’invito del regista Giovanni Meola a distaccarsi dai ruoli maschili/femminili e dagli attori legati ai caratteri principali o secondari dei personaggi interpretati. Non ci sono ruoli predominanti e i tre attori sono credibili in ognuno dei ruoli che ricoprono.”

(Facci Un Salto | T. Montella)

 

“Meola segue in modo abbastanza fedele l’intreccio dell’originale, ma il testo è destrutturato in un gioco di improvvisazioni che sono state il frutto dell’inventiva creativa dei tre interpreti che, al contempo, sono state abilmente ricucite, ricomposte e rimaneggiate, con un mai ultimato labor limae, dalla mano esperta del regista.

I tre attori alternano e si scambiano i vari personaggi, arrivando tutti, chi più e chi meno, ad impersonare il protagonista. La Missaglia dimostra la sua migliore versatilità proprio nel ruolo maschile del protagonista, di cui riesce a scandagliare gli aspetti contraddittori e non, muovendosi sulla scena con infaticabile energia fisica e marcando il rilievo oltreché delle parole anche dell’atto fisico e corporeo. Le doti attoriali di Vincenzo Coppola spiccano soprattutto nel personaggio di Laerte, che si sforza di distogliere la sorella Ofelia dall’interesse verso Amleto mettendola più volte in guardia, e che, nel duello finale, arriva ad assurgere al ruolo di vero e proprio deuteragonista. Solene Bresciani, pur in piccola parte penalizzata dall’inflessione linguistica francofona, è molto brava a portare in scena la follia di Ofelia, dando risalto pieno, anch’ella, all’espressione non verbale. Scene più leggere allentano la tensione, contribuendo tuttavia a mantenere sempre vigile l’attenzione dello spettatore che, nei 75 minuti dello spettacolo, pur conoscendo la storia, non dà nulla per scontato e attende con ansia lo scioglimento della vicenda.”

(Street News | M. Longobardo)

 

“Più che del marcio, c’è del gioco in Danimarca: un gioco di scomposizione e ricomposizione che appare estemporaneo, ma che invece sottende un processo creativo lungo ed elaborato, nonché una precisione coreografata con sapiente ironia. Frutto di un lungo lavoro, questa drammaturgia ha visto finalmente la luce in scena e ha ritrovato il calore del pubblico in sala, rimasto ad ascoltare gli attori anche dopo l’ultima rappresentazione. L’Amleto che prende qui, talvolta, le sembianze di uomo e donna è egli stesso regista, autore, drammaturgo, e non un semplice appassionato e cultore di teatro, cogliendo al balzo l’occasione della compagnia teatrale a corte per smascherare il Re zio usurpatore, esempio di metateatro per eccellenza, di ‘play within the play’. E se nel ‘600 alle donne era vietato recitare, qui ormai assistiamo a un capovolgimento di genere, con una netta predominanza femminile nel terzetto di attori e un Amleto interpretato per molte più battute da una donna. Sono poi così tanti i misteri, i passaggi oscuri e le cose non dette in questo capolavoro, che diventa inevitabile esplorarli ancora oggi, approfondirli, suggerire nuove strade e interpretazioni, ha detto il regista a margine dell’ultimo spettacolo.

E la ricerca caricaturale di Polonio, sul palco, come fosse un gattino, non fa che confermare la tesi autoriale appena espressa.”

(NT Notizie Teatrali | R. Aiello)

 

La Pasqua Bassa

Cast

  • Autore: (Tratto dal romanzo di ) Antonio del Giudice
  • Regia: Roberto Negri
  • Riduzione e Adattamento: Roberto Negri e Antonio Del Giudice
  • Scenografia: Davide Sciascia
  • Costumi: Rossella Ramunni
  • Assistente Regia: Cecilia Guzzardi
  • Suggestioni visive: Malombra
  • Musiche originali: Marcello Fiorini
  • Coreografie: Silvia Franci
  • Luci e Fonica: Walter Del Greco
  • Realizzazione scene: Area 5 LAB
  • Registrazioni: Studio NSL
  • Organizzazione: Paola Ferranti
  • Produzione: Tiberio Fiorilli

Interpreti

  • Cristina Golotta
  • Federica Pizzutilo
  • Liliana Randi
  • Giacomo Mattia
  • Con la partecipazione di: Roberto Negri

Sinossi

Una storia del sud, un sud reduce dall’ultima guerra.
Storia di sentimenti e vissuto popolare, con echi letterari da Pirandello a Verga, ma con ritmi contemporanei per una narrazione quasi cinematografica.
La guerra ha portato la morte degli uomini di una casa di contadini.
Rimaste sole, una madre e una figlia sono obbligate al confronto.
Un confronto che è una novità nel panorama della fatica quotidiana.
E che sarà una sorpresa per entrambe.
Una visione al femminile dei temi cardine della vita.
Coraggio e resilienza portano mutamenti e i semi di un futuro possibile germineranno nel terreno della speranza.

NOTE DI REGIA

L’idea drammaturgica nasce dalla collaborazione tra l’autore del romanzo Antonio Del Giudice e il regista Roberto Negri, già proiettata all’allestimento. La chiave narrativa storicizza gli eventi, ma la loro evoluzione né amplia gli orizzonti temporali. Le trasformazioni descritte sono intime e sociali ad un tempo. Tempo doloroso e crisi di cambiamento. Niente di più contemporaneo. La scelta dell’allestimento privilegia l’aspetto visivo della narrazione e con l’uso di tecniche di teatro d’ombra e proiezioni né esalta le suggestioni emotive, all’interno di soluzioni scenografiche essenziali e rigorose. E così la parola, spesso flusso libero di coscienza, viene amplificata dal contesto visivo, espandendo nello spettatore sia lo spazio del ricordo che dell’immaginario. Un disegno luci di matrice espressionista contribuisce ad evidenziare la geometria dei rapporti scenici. Le musiche originali nascono anch’essa dalla trasformazione. Il mutamento delle riconoscibili sonorità antiche della fisarmonica in atmosfere rarefate e sensoriali. Infine, e non ultima, la ricerca stilistica e sartoriale consente un’immediata connessione con il contesto del periodo, anch’essa però suggerendo elementi di inclusione culturale. Tutto il percorso creativo verte alla veicolazione di spunti di riflessione e analisi sui temi cardini dell’esistenza. Un’indagine esplorativa in un universo storico ed emotivo, radice linfa del nostro presente.

Galleria Fotografica

IL TRAILER

Recensioni

Se Shakespeare fosse stato una donna

Ci siamo davvero chiesti che aspetto avrebbe oggi il teatro se a scrivere le grandi opere shakespeariane ci fosse stata una donna o se il drammaturgo di Stattford on Avon avesse avuto una sorella straordinariamente più dotata di nome Judith. Quando uscì il saggio della Woolf, Una stanza tutta per sé, nel 1929, era ancora acceso il dibattito su una presunta inferiorità intellettuale delle donne.

Abbiamo voluto compiere questo salto immaginativo e pensare alle donne, con le donne e per le donne il nostro cartellone; donne scrittrici, donne registe, donne attrici e storie di donne, ecco il fulcro degli spettacoli che proponiamo. Dalle donne e sulle donne c’è moltissimo da imparare, con le donne è necessario confrontarsi e fissare nuove regole.

Il Teatro 99 Posti si schiera ritenendo che non basta solo produrre leggi che favoriscano la parità di genere   ma che ci debba essere una controriforma culturale , una rivoluzione delle menti che scardini preconcetti arcaici, incrostazioni di una società purtroppo costruita spesso sulla discriminazione dei generi.

Vi aspettiamo in massa per lanciare insieme sassi nello stagno…

IL PROGRAMMA

ORARIO DI INIZIO DEGLI SPETTACOLI (SABATO, DOMENICA): 18:30
CONTRIBUTO PER SINGOLO SPETTACOLO: €15.00
CONTRIBUTO UNICO PER 6 SPETTACOLI: €75.00

____30 Ottobre 2022

OFFICINA DINAMO e TIBERIO FIORILLI presentano

LA PASQUA BASSA  dal romanzo omonimo di Antonio Del Giudice

Regia: Roberto Negri
Con Cristina Golotta, Federica Pizzutilo, Liliana Randi, Giacomo Mattia e con la partecipazione di Roberto Negri

____20 Novembre 2022

VIRUS TEATRALI presenta

AMLETO O IL GIOCO DEL SUO TEATRO di William Shakespeare (libero adattamento di “Amleto”)

Drammaturgia collettiva/progetto, adattamento e regia: Giovanni Meola
Con Solene Bresciani, Vincenzo Coppola, Sara Missaglia

____10 Dicembre 2022

TEATRO NEL BAULE E TEATRO IN FABULA coprodotto da DANTE SOCIETY LONDON di Londra presentano

WHITE SOUND di Melissa Di Genova e Simona Di Maio

Regia: Melissa Di Genova e Simona Di Maio
Con Melissa Di Genova e Simona Di Maio

____28 Gennaio 2023

ASSOCIAZIONE ILLUMINATA presenta

FU LUMENA  di Salvatore Ronga

Con Lucianna De Falco

____05 Febbraio 2023

TAN – Teatri Associati di Napoli presentano

LOCAS  di Josè Pascual Abellàn

Regia: Niko Mucci
Con Marcella Vitiello e Laura Pagliaro

____12 Febbraio 2023

PROTEATRO, TEATRO 99 POSTI E CLAN H presentano

ASPETTANDO GODOT (L’OCCASIONE) adatt. da Samuel Beckett

Regia: Francesco Scotto
Con Paolo Capozzo, Salvatore Mazza, Maurizio Picariello, Antonio Lippiello e Alberto Tortora

Si ricorda che per poter accedere agli spettacoli è necessario associarsi al Teatro 99 Posti.