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White Sound

Cast

  • Scritto, diretto e interpretato: Simona Di Maio e Melissa Di Genova
  • Musiche originali: Santy Masciarò
  • Disegno luci: Lorenzo Montanini
  • Elementi scenici e costumi: Maria Isabel Albertini
  • Assistente alla regia: Louis Bernard
  • Traduzione italiano\inglese: Rossella Natale
  • Raccolta testimonianze: Roberta Niero
  • Voce registrata: Carmela Perillo
  • Realizzazione Video: Uncoso Factory
  • Produzione: Teatro In Fabula e Il Teatro nel Baule
  • Coproduzione: Dante Society London

Interpreti

  • Solene Bresciani
  • Vincenzo Coppola
  • Sara Missaglia

Sinossi

“Avete mai sentito parlare di linee parallele del tempo? In quelle linee, ci sono gli avvenimenti che sono rimasti nell’aria, sospesi, vaganti, senza casa. Noi raccoglieremo i resti, le soste e le tappe della vita come frammenti di uno specchio rotto.”

White Sound è il racconto della vita di una donna straordinaria: Lucia De Rosa, detta Rusell ‘e magg’. Lucia non ha più un’età attraverso cui definirsi, i suoi oggetti non le appartengono più, non ha volti da riconoscere, neanche il suo. Cerca qualcosa di importante a cui non sa dare nome. Ad aiutare Lucia nella ricerca del qualcosa smarrito, c’è una bambina che invade la sua casa. È l’arrivo della bambina a stimolare la memoria di Lucia, ad aprire le porte che danno accesso al ricordo. Gli oggetti da cui è circondata, i suoni, i sapori, gli odori sono le tracce del suo passato. È da qui che inizia il viaggio, attraversare ancora una volta la vita fino ad arrivare all’età felice, l’infanzia. L’inizio di tutto.

Due scienziati ci accompagnano nel racconto, a testimonianza della ragione e della scienza che spiega ciò che accade al cervello nel momento in cui una malattia neuro-degenerativa o il tempo ne compromettono le funzionalità. In un momento storico come il nostro, in cui la paura e nello specifico la paura della malattia, è il freno alla vita, abbiamo bisogno di tornare a ricordarne la bellezza e celebrarla.


NOTE DI REGIA

Il progetto nasce dal desiderio di raccontare due eventi naturali che hanno interessato il nostro vissuto nell’ultimo anno: la perdita di una nonna e l’arrivo di una nuova vita. La simultaneità di questi due accadimenti non ci è sembrata un caso. Abbiamo assistito alla crescita naturale di un essere umano che si affaccia alla vita e allo spegnersi di un’altra, prendere la stessa strada. La vecchiaia e l’infanzia, età anagraficamente distanti tra loro, ci sono sembrate incontrarsi in un punto. Un punto senza tempo e senza spazio, che consente di attraversare la vita nel flusso dei ricordi. Ricordi fatti di voci, suoni e musiche di cui lo spettatore fa esperienza immersiva, grazie al binaural microphone, microfono in grado di riprodurre la tridimensionalità del suono come percepita dall’orecchio umano. La sensorialità e il suono, ricostruito come richiamo, evocazione, stimolo, musica, ci ha permesso di arrivare all’origine: al White Sound. Quando siamo nel ventre di nostra madre, il nostro mondo è suono, ancora prima della prima luce guardata, ancora prima del primo tocco; la prima percezione è sonora. In essa sono racchiusi tutti i suoni del corpo: il ritmo del cuore, i movimenti delle viscere, il fluire del sangue, il respiro. Partiamo così dal White Sound: lo ascoltiamo e attraversiamo tutta la vita di una donna, sintonizzandoci sulle sue frequenze. Nel nostro processo di creazione, abbiamo raccontato il cervello come casa e di questa casa abbiamo deciso di aprire le stanze. “Ci sono stanze che vengono utilizzate spesso, dove si entra facilmente, piene di luce. Ecco, queste stanze sono la corteccia celebrale. Ci sono, poi, altre stanze, stanze nascoste, antiche, in cui tutto è conservato con cura. In queste stanze remote si trovano i primi ricordi, quelli d infanzia e le nostre emozioni.”

Realizzato in una Londra deserta e in pieno lockdown, White Sound ci ha permesso, come performers ed artisti di leggere il tempo storico che viviamo e tentare di aprire uno squarcio di luce nel buio. La forza di questa storia è nell’essere una storia di tutti. A tutti tocca invecchiare o affrontare un processo di malattia, a tutti capita di sentirsi disorientati, persi, soli, soprattutto in questo periodo così complesso come quello che stiamo vivendo. Questa storia ricorda che la delicatezza del prendersi cura è tutto quello che resta. Allo stesso modo in cui la bambina guida Lucia nel suo percorso a ritroso nello spettacolo, desideriamo prendere per mano lo spettatore e accompagnarlo attraverso questa storia, che è anche la sua storia.

Galleria Fotografica

Fotografie: Antonio Colucci

Recensioni

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Variazioni enigmatiche

Cast

  • Autore: Eric-Emmanuel Schmitt
  • Regia: Aniello Mallardo
  • Scenografia: Sissi Farina
  • Costumi: Anna Verde
  • Video: Fabiana Fazio
  • Foto di scena: Tiziana Mastropasqua
  • Ufficio Stampa: Gabriella Galbati
  • Produzione: Teatro in Fabula

Interpreti

  • Gianni Caputo
  • Mario Troise

Sinossi

Noi ci diciamo parole d’amore,
ma chi siamo noi? A chi dici «io t’amo?» 

NOTE di REGIA

La piece, scritta da Eric-Emmanuel Schmitt nel 1995, prende spunto da un’opera sinfonica del compositore inglese Edward Elgar, “Enigma Variations”: «variazioni su una melodia che non si riesce ad individuare, una melodia molto nota ma che nessuno è mai riuscito a riconoscere. Una melodia nascosta che si accenna e poi sparisce. Una melodia che si può solo sognare, enigmatica, inafferrabile, così come il sorriso di Helene». Attraverso le parole di Larsen, l’autore associa il lavoro di Elgar a Helene Metternach, protagonista assente, inafferrabile e enigmatica, ma vero motore dell’intreccio e dell’incontro–scontro tra Znorko e Larsen. Si tratta di una storia d’amore, o meglio, di una trattazione dialettica sull’amore tra lo scrittore e il giornalista che presentano una visione diversa della donna amata, pur riconoscendone, entrambi, un’unica essenza profonda. La messa in scena intende, innanzitutto, conservare la tensione provocata dalla presenza/assenza di Helene, scoprendo lentamente l’enigma e le sue variazioni, attraverso le diverse e continue agnizioni presenti nel testo. Il dialogo sarà colloquiale, quotidiano, pur conservando la poesia del linguaggio. L’azione si svolgerà in un’isola/rifugio di lettere, dunque la casa di Abel Znorko sarà un mondo di carta, un universo isolato nella corrispondenza amorosa.

Tutto si genererà dall’epistolario: la pistola, l’impianto stereo dal quale si diffonderà diegeticamente la “Variazione 9 – Nimrod” di Elgar, la bottiglia e i bicchieri per il brindisi. Le luci saranno fredde, per restituire l’isolamento volontario di Znorko e l’atmosfera di mistero che avvolge la vicenda. I costumi e, in genere, la scena tenderanno a decontestualizzare la storia, perché, se è vero che il testo delinea un evento particolare, ambientato in un tempo e in un luogo precisi, è pur vero che restituisce un messaggio universale, senza tempo e senza luogo.

Galleria Fotografica

IL TRAILER

IL PROMO di Antonella Russoniello

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