Scritto da Biljana Srbljanovic nel 1998, “Giochi di famiglia” è il secondo testo della cosiddetta “Trilogia di Belgrado”.
Tutti i personaggi di questo dramma sono bambini, gli attori, invece, non sono bambini, sono adulti che interpretano parti di bambini, che, a loro volta, giocano a fare gli adulti. Il luogo dell’azione è un cortile tra i palazzi di una periferia urbana degradata. E’ qui che si rifugiano i quattro bambini per “giocare alla famiglia”: c’è un padre carnefice, una madre che impara a farsi picchiare dal figlio, un cane-bambina innalzata al ruolo di vittima sacrificale. In questa infanzia il mondo interiore e violenza sociale non sono ancora distinti, l’aspetto drammatico della vicenda è che questi bambini fanno tremendamente sul serio, nel gioco, come un destino senza tempo che, una volta richiamato, travalica la finzione.